Manuale di pedagogia ornamentale vol. 3

ANNUNCIO AI LETTORI

I lettori del Manuale potranno beneficiare di uno sconto del 5% per l’iscrizione dei loro figli alla scuola Stornamer. Fondata da Anton Stornamer*, la scuola applica scrupolosamente i principi educativi della Pedagogia Ornamentale, nel tentativo di plasmare i fanciulli fin dalla primissima età, per poi seguirne lo sviluppo fino ai 18 anni. Esistono, vero, altre realtà simili (ad esempio la scuola Steiner), eppure tutte queste hanno mostrato negli anni la loro inefficacia e la loro incapacità di produrre risultati tangibili, soprattutto se si considera il costo tutt’altro che democratico.

Alla scuola Stornamer grande importanza viene data al contatto del bambino con la natura. Non ci si limiterà infatti a brevi passeggiate nei boschi e giochi all’aperto: i bambini verranno invece abbandonati a turno sul ghiacciaio Presena. Avranno a disposizione tre pacchetti di cracker ai cereali, un paio di forbici di plastica per difendersi dai lupi e una cartina della Bolivia. Dopo 28 giorni un elicottero passa a riprenderli. In questo modo imparano molto di più che stando chini otto ore sul banco, e anche la schiena ne giova grandemente. Imparano cos’è un ghiacciaio, imparano le abitudini dei predatori notturni, imparano che la natura non sempre sa perdonare. E soprattutto imparano dov’è la Bolivia.

La scuola Stornamer abitua i bambini a relazionarsi con i loro coetanei fin dall’età prescolare. Le classi dell’asilo non sono dunque divise per colori (classe verde, classe blu…), né per età (piccoli, mezzani, grandi…), bensì la divisione in classi è di tipo feudale. Re – feudatario – vassalli – contadini – schiavi – animali da traino. Le assegnazioni sono del tutto casuali, dunque nessuno le taccerà di scorrettezza politica. È interessante osservare come le dinamiche sociali all’interno della scuola si sviluppino in maniera, alle volte, imprevista. Capita che, durante l’ora della nanna, un feudatario congiuri contro il reggente e tenti di avvelenarlo con del bromuro di sodio. I contadini e gli schiavi ne approfittano per imbracciare i forconi e chiedere a gran voce più diritti; anche gli animali da traino sono in visibilio. Ma la congiura è presto sventata, seguono condanne sommarie e durissime repressioni. L’attenzione è volta altrove: fervono i preparativi per le crociate. Le maestre stanno a guardare e non intervengono. La loro è una chiara scelta educativa: i bambini, un domani, non faticheranno a trovare il loro posto nella società.

L’alimentazione è tenuta in gran conto, alla scuola Stornamer. I bambini verranno fin da subito abituati a mangiare in autonomia, il che è un bell’insegnamento in questa società che tende, per così dire, a imboccarli ogni volta. Spesso dovranno anche procurarsi il cibo da sé: radici, bacche, insetti, piccoli animali del sottobosco; tutto biologico certificato e senza sofisticazione alcuna, non han da temere i genitori più attenti. Il cannibalismo è ammesso, ma solo per cena.

*(Anton Stornamer fu antroposofo, matematico dilettante, telegrafista approssimativo, grande bevitore; e il passato remoto è del tutto fuori luogo poiché, salvo ultimi sviluppi, egli è ancora in vita.)

CAPITOLO 9

Ci sono domande che, come genitore, uno non vorrebbe mai sentirsi fare. In parte perché sono domande difficili e necessitano di una risposta all’altezza, che mostri al fanciullo la retta via senza traumatizzarlo; in parte perché state comprando su internet delle tende per il frigorifero, e non è proprio il momento. Ecco le più comuni:

– Mamma, perché gli uomini fanno la guerra?
– Cosa vuol dire “può contenere tracce di soia e frutta a guscio”?
– Posso fare l’Erasmus nella Fossa delle Marianne?
– Hai mai mangiato un australopiteco?
– Ma i celiaci sognano focacce elettriche?
– Come nascono i bambini?

Se le prime possono essere semplicemente ignorate, voltando la testa dall’altra parte o alzando il volume dello stereo, l’ultima merita di essere affrontata con calma. Prendete vostro figlio sulle ginocchia, e spiegategli come funziona il grande miracolo della vita.

– Caro Antonio… anzi, caro Nino. Posso chiamarti Nino? Sì, sei mio figlio e decido io, ti pare? Caro Nino, immagina una bella apina gialla e nera che vola nel prato. È primavera e molti fiori sono sbocciati, punteggiando l’erba di mille colori.  L’apina è giovane e piena di energie, e si posa su tutti i fiori. Ogni giorno un fiore diverso: oggi uno blu, domani uno rosso, e così via. Insomma, se la spassa alla grande. Il padre un giorno la prende da parte e le dice: “Oh, va bè che sei un’apina, però datti una regolata!” Ma niente da fare, lei continua imperterrita e non pensa al futuro.
Passano gli anni e l’apina non è più tanto giovane, benché si vesta ancora come un’adolescente. Si decide infine a mettere la testa a posto, ma ha ormai una certa età, e la sua fama non è delle migliori. Quando i fiori la vedono avvicinarsi, con i leggings e il trucco eccessivo, si scostano. Lei è triste è rimpiange il passato: vorrebbe un bambino. Un bell’apino da coccolare, insomma. Ma ora io ti chiedo: secondo te vuole veramente una prole? Il suo istinto materno può dirsi genuino? Oppure i figli sarebbero soltanto il mezzo per compensare la frustrazione di una vita vuota e disgraziata?
Comunque gli anni non si fermano ad aspettarla e corrono veloci. L’apina diventa sempre più triste, ma di una tristezza che non ispira alcuna compassione, tanto è l’aceto con cui la condisce. I fiori sono ormai un ricordo lontano, e ora gli apini le danno grandemente sui nervi. Non perde occasione per sgridarli quando giocano a pallone in cortile, o vanno con la bicicletta sui marciapiedi. “Per fortuna che non mi sono sposata!” dice alle amiche, mentre bevono il tè con il miele e parlano male di una giovane coppia, “Meglio soli che male accompagnati.” Eppure si è comprata un cane, e la notte si rigira nel letto. –

Ora tu, caro Nino, mi dirai: – Ma cosa c’entra tutto questo con la mia domanda?
– Niente, è vero. Ma ora va’ a giocare in cortile, che devo comprare le tende per il frigorifero. –

CAPITOLO 10

Alcune notti fa sento squillare il telefono di casa. Non avendo figli, mi giro dall’altra parte e cerco di riaddormentarmi, ma quello continua finché non mi alzo e rispondo. È una mamma di Sondrio in lacrime che chiede consiglio. Mi immaginavo.

– Sono disperata dottore, non so più cosa fare. Mio figlio sta attraversando un brutto momento.
– Guardi, intanto non sono dottore; quest’anno prendo il diploma di ragioneria, ma solo se recupero matematica. Comunque sia, perché mi sta chiamando a quest’ora? Non poteva aspettare domani?
– Ha ragione dottore, ma mio marito lavora in una miniera di asbesto sull’Adamello. Non vedendo mai la luce del sole, il suo ciclo circadiano è completamente sballato, capisce? Ho appena finito di preparargli il cenone di Natale, e fin che mi cuoce il tacchino l’ho chiamata.
– Incredibile, non pensavo che si sfasassero anche i mesi: siamo ad aprile… Comunque, mi dica signora, qual è il problema con suo figlio?
– Paolo, così si chiama, ha 14 anni ed è appena entrato nell’adolescenza. Immagino che questo possa essere un periodo di grande confusione, soprattutto per quanto riguarda l’identità. Un ragazzo della sua età inizia a scoprire il mondo, a scoprire se stesso, e il proprio orientamento. Non è un’epoca facile per i giovani; sono confusi e questa società fa di tutto per confonderli maggiormente. Capisce cosa intendo?
– Senta, tutte queste fesserie le lasci dire a me, per favore. Se va dal medico, non ci va con la diagnosi già pronta, o sbaglio? Dunque, qual è effettivamente il problema? Sta cercando di dirmi che suo figlio le ha confidato di essere omosessuale?
– Anche a ripensarci mi tornano le lacrime…
– Allora signora, mi spiega o devo mettere giù?
– No, no, mi scusi, ora le spiego. Qualche giorno fa è tornato a casa dicendo che gli piace una sua compagna di classe. All’inizio pensavo scherzasse, ma lui ha insistito. Allora ho iniziato a insospettirmi e ho voluto approfondire la questione: “Paolino mio, mi stai forse dicendo che ti piacciono solo le femmine?” E lui: “Sì mamma, dei maschi sono amico, ma non ne sono attratto.” Allora ho cercato di spiegargli che l’adolescenza è un periodo in cui è normale essere confusi, e che con il tempo le cose diventano più chiare, e che anche l’orientamento può maturare.
“Ma sei davvero sicuro? Gli uomini non ti piacciono neanche un pochino? Almeno un pochino!” La sua risposta mi risuona ancora nella testa: “Mamma, no! Mi dispiace, sono eterosessuale.” Al che mi sono arrabbiata. Forse non avrei dovuto, ma ho alzato la voce: “Siamo tutti almeno un po’ omosessuali! È assurdo sostenere il contrario, è da retrogradi e da razzisti.” E sa cosa ha avuto il coraggio di rispondere lui? “Mamma, ti prego, non mi giudicare. Voglio soltanto essere libero di amare chi preferisco. Non è colpa mia se sono così, cosa ci posso fare? E poi scusa, ma cosa centra il razzismo adesso?” Io: “Come cosa c’entra? La ragazza di cui dici di essere innamorato, non è forse caucasica come te? Già che ti piacciono le donne, almeno potevi scegliertene una di colore, no?”
Anche suo padre ha provato a parlargli, ma non è servito a nulla… Non so, forse siamo di un’altra generazione e non capiamo. I tempi cambiano, le persone anche. È che non è facile per un genitore, almeno all’inizio, accettare una cosa del genere.
Comunque ora devo proprio andare, è pronto il tacchino. La ringrazio dottore, forse avevo soltanto bisogno di confidarmi con un esperto. Buona giornata e in bocca al lupo per la maturità. –

Molti anni più tardi, Paolo vive con la sua compagna e ha due figli. La madre ha accettato la situazione e ha finalmente fatto pace con lui e con se stessa. Ha anche fondato un gruppo di ascolto per genitori che si trovano ad affrontare le stesse difficoltà. Dopotutto, ognuno è libero di amare chi vuole. Eppure, alle volte, di notte si sveglia ancora. Ma è il marito che rientra e sbatte la porta.

CAPITOLO 11

Con l’arrivo dell’estate e la chiusura delle scuole, è giunto il momento di pensare alle vacanze. Quale occasione migliore per viaggiare, scoprire posti incantevoli, conoscere persone, fare nuove esperienze? Purtroppo, prima di dedicarsi a tutto ciò, è necessario trovare una sistemazione per vostro figlio/i. Vi siete già liberati del gatto, legandolo alla sbarra del casello 15 all’imbocco dell’Autosole; i due pastori tedeschi invece verranno con voi, alloggiati nel baule insieme alle valigie. Ma i figli? Prima di iniziare a cercare un posto per loro, è preferibile conoscerne il numero esatto. (e.g. Se il numero di figli è 0, non ne vale neanche la pena). Ecco alcune delle soluzioni consigliate:

– Vacanza a tema, dai 4 ai 15 anni, min. 5 settimane, Giza. Il tema dell’anno corrente sarà: “Le piramidi nell’antico Egitto”. I bambini, dopo una breve introduzione e alcuni giochi per formare il gruppo, verranno vestiti da schiavi e inizieranno l’edificazione di una piramide. I genitori non si preoccupino: l’accuratezza storica sarà assoluta. Quando la piramide sarà pronta (150 metri di altezza, per un totale di oltre 7 milioni di tonnellate di granito), i bambini verranno rinchiusi nella camera mortuaria insieme al faraone. Si consiglia di portare un paio di scarpe comode.

– Campo estivo nel monastero delle suore di clausura del Gennargentu; permanenza minima: 6 mesi. Sveglia alle 4 di mattina: colazione a base di foglie di alloro e grappa. Dalle 4:30 fino all’ora di pranzo: traduzione dei manoscritti di Girolamo Savonarola dal latino al sardo. Ore 12: pranzo (digiuno). Durante il pomeriggio i ragazzi vengono lasciati liberi di scoprire la loro spiritualità, pregare, meditare e leggere le opere di Alberoni. Ore 18: cena a base di foglie di alloro e grappa. A seguire: canti gregoriani, ritiro nella cella e coprifuoco. Fine settimana: visita guidata ad un pozzo artesiano abusivo.

– Vacanza budget “L’Asia in un pomeriggio”, 0–99 anni. I partecipanti verranno caricati nella stiva di un aereo merci (imbarco: Orio al Serio BG, ore 14:45). Il velivolo sorvolerà a bassa quota i principali punti d’interesse del continente asiatico; non sono previsti scali. Dalle fessure della stiva sarà possibile ammirare la natura incontaminata del Nepal, le magnifiche città giapponesi, la casa di Gandhi, e molto altro ancora. Può capitare che la contraerea cinese dia problemi a causa del volo a bassa quota, ma di solito tutto si risolve a tarallucci di riso e sakè. L’equipaggio viene comunque internato in un carcere sull’isola di Xugong e processato dalla corte marziale. Rientro previsto in serata.

CAPITOLO 12

Se il trattare i bambini come fossero cani è pratica ben nota e poco interessante, volgiamo per un istante la nostra attenzione al fenomeno opposto: il trattare i cani come fossero creature perfettamente senzienti.

Alcuni giorni fa, cercando qualche ora di svago nelle prime giornate primaverili, leggevo un libro standomene tranquillamente seduto al parco. All’improvviso una voce acutissima e appena meno piacevole di una sirena antiaerea mi giunse prepotentemente all’orecchio. Era una voce, sia detto senza che alcuno s’offenda, femminile e piuttosto fastidiosa. Nonostante fosse primavera, mi parve di vedere alcuni fiori appassire velocemente per poi cadere a terra secchi. Quel martellio auricolare proseguì per alcuni minuti senza la minima variazione: – Andrea… Andrea… Andrea… –

Al che molti degli astanti, me compreso, si interrogarono sull’identità di questo misterioso Andrea. “Sarà un bambino, magari il nipote? O che sia forse una femmina? Magari, poverina, è sorda e non sente… La nonna l’ha chiamata tanto spesso da averle consumato la membrana esterna del timpano.” Quand’ecco che da dietro un albero sbuca un piccolo cane, per nulla turbato e senza mostrare la minima intenzione di rispondere al richiamo. Mentre la padrona, che ora l’ha visto, continua inalterato il suo ritmico lamentio, quello prosegue indisturbato il suo cagneggiare: cammina senza meta nell’erba, si ferma un istante, raccoglie un legnetto, lo risputa poco più in là.
L’incredibile dedizione con cui il cane ignorava il padrone, era inferiore soltanto alla dedizione del padrone nel chiamare il cane. Eppure fu la conversazione che seguì, se conversazione si può definire, che mi fece sorridere.

– Andrea, ora basta! È ben giunto il momento di finirla con i tuoi giochetti. Ti ho già detto più volte che è ora di tornare a casa, ma tu non mi ascolti. Non mi ascolti mai. Mi par sempre di parlar con i sassi. Quando è troppo, è troppo. – E nel dire ciò, assestò sul muso del cane due schiaffoni che, confesso, non mi sarei aspettato di veder tirati da una donnetta del genere.

Credo che dare ad un cane il nome “Andrea”, sia tanto fuori luogo quanto chiamare “cane” un qualsiasi tale di nome Andrea. Ma torniamo al nostro eroe: gli vien messo il suo cappottino e vien trascinato verso casa, mentre la padrona gli rimprovera in mille modi il comportamento scorretto, spregevole, immaturo. – Ma tu non ti vergogni proprio mai, Andrea? –  chiede con voce lamentosa; e dato che la domanda non trova immediata risposta, viene reiterata per molti chilometri. Andrea resta muto, si lascia trascinare senza opporsi, probabilmente ha anche smesso di ascoltare.
Ad un certo punto riprende a camminare sulle sue gambe e trotterella via. Finché una voce ben nota non l’interrompe di nuovo: – Imbecille, non vedi che è rosso?  Quante volte te l’ho già spiegato! E mi puoi guardare in faccia mentre ti parlo? – Il tutto, com’è giusto, condito da una manica di calci ben assestati. Il cane scuote la coda, probabilmente vorrebbe scuotere la testa.
Più avanti incontrano la signora Francesca, al che la padrona lo prende subito in braccio e comincia a fare mille moine e a baciarlo sul muso: – Il mio piccolo Andrea, tutto mio, mio! Bello lui, bellino cagnolino! Saluta la Francesca, salutala ho detto!  Niente, oggi non è proprio giornata… – e lo lascia cadere sul marciapiede.

Giunti a casa, un piccolo monolocale senza balcone, non ha ancora perso il fiato: – Ma non vedi che siamo arrivati? Perché non ti togli il cappotto, allora? Cosa sei, un corallo? – Ma niente da fare, il cane non collabora. – Sono stufa di questo comportamento. Non sei più un bambino, lo vuoi capire o no? Io, ad andare avanti così, impazzisco. Ma chi me l’ha fatto fare di comprare un cane? Non potevo fare un figlio? –
Dopo una cena a base di spaghetti alle vongole mangiata dallo stesso piatto, vanno a letto senza proferire parola. Gli animi sono ancora accesi e probabilmente nessuno dei due ha voglia di parlare.

La mattina seguente risuona nel palazzo una voce: – Andrea… Andrea… Andrea… Dove ti sei cacciato? Ti ho perdonato per ieri, ma ora vieni, non farmi arrabbiare di nuovo. Vieni, che oggi ti devo portare dal parrucchiere dei cani. Dove sei? Dove sei, figlio mio? –

Sul tavolino della cucina c’è un biglietto. “Addio” dice. È chiaramente la calligrafia di un canide.


Manuale di pedagogia ornamentale vol. 2

AVVISO AI LETTORI

A seguito dell’uscita del primo volume di Pedagogia Ornamentale, l’editore si è detto assolutamente contrario alla pubblicazione di qualsiasi opera passata o futura scritta dall’autore. Ha poi fatto di tutto perché le 500.000 copie stampate fossero ritirate dal mercato, e perché fossero bloccate tutte le traduzioni estere. La maggior parte delle copie però era già stata smerciata, sia in Italia che in molti altri stati della CECA, rendendo vano ogni sforzo.

Visto il successo dell’opera, per assicurare ugualmente ai lettori la possibilità di completare la collana, tutti i futuri volumi verranno venduti in edicola. La prima uscita conterrà, a scopo promozionale, un set di pratici pannolini double-face per il vostro fanciullo.

Per ulteriori informazioni, rivolgetevi al vostro edicolante di fiducia.

CAPITOLO 6

Alcuni mesi fa, dopo il mio intervento ad un convegno di pedagogia a Rio de Janeiro, si alza in piedi un padre e mi pone una domanda che ora riporto, dal momento che può essere di qualche interesse per molti di voi genitori. Mi dice: –In questo periodo, purtroppo, io e mia moglie litighiamo parecchio. Probabilmente ci stiamo avviando lungo la strada per il divorzio. Solitamente cerchiamo di discutere soltanto quando nostro figlio non è in casa, però temo abbia intuito che qualcosa sta succedendo. Come possiamo far sì che affronti la situazione il meno traumaticamente possibile?–

Ecco la mia risposta, si prenda eventualmente nota: –Mi consenta di dirle che l’approccio suo e della sua futura ex-moglie è totalmente sbagliato. In molti cercano di proteggere il bambino da eventuali tensioni domestiche, spinti da quanto ha insegnato la pedagogia tradizionale. In tante altre occasioni l’ho detto, e qui lo ripeto: smettetela, una volta per tutte, di rinchiudere vostro figlio in una bolla dorata. Continuando con questo atteggiamento iperprotettivo, dimostrate al bambino che non vi importa nulla della sua esistenza all’interno del nucleo familiare. Egli finirà per sentirsi escluso, ignorato, accessorio. Bisogna coinvolgerlo nella discussione invece, spiegargli quali sono i problemi e come lui ne faccia parte, ed infine occorre responsabilizzarlo. All’occorrenza anche iper-responsabilizzarlo, affinché si senta partecipe, e finalmente considerato come un’entità capace di intendere e di volere.–
Permettetemi ora di spiegare come iper-responsabilizzare vostro figlio.

Un pomeriggio in cui sta giocando nella sua cameretta, e vi pare particolarmente sereno, inscenate una violenta lite con il vostro compagno. Dopo circa una mezzora passata ad urlare parole taglienti e a frantumare vasellame contro le pareti, controllate di nascosto come si comporta il bambino. Se ha smesso di giocare con le palline di mercurio del termometro e si preme un cuscino contro le orecchie, abbracciato al suo peluche preferito, è il momento di agire. Prendetelo di peso e mettetelo in piedi sul tavolo della cucina, perché veda i cocci per terra e comprenda l’effettiva serietà della situazione. A quel punto dovrete dirgli, con voce ferma: –Caro Giacomino, io e tuo padre dobbiamo dirti una cosa molto importante. Dal momento che sospetto ti piaccia pensare di non essere la causa dei nostri attriti di coppia, è giusto che tu sappia che ti sbagli di grosso. Prima che nascessi tu, ad esempio, non litigavamo quasi mai. Sarà un caso? Non credo proprio. Le cose stanno andando sempre peggio, e tu cosa fai? Ti nascondi sotto un cuscino e ti alieni dal mondo. Ti sembra il modo giusto di affrontare la realtà? Forse credi che, semplicemente perché vai ancora all’asilo, non hai anche tu i tuoi doveri e le tue responsabilità? Lasci sempre camera tua in disordine, non negarlo, non giochi quasi mai da solo e, come se non bastasse, di notte spesso e volentieri ti sentiamo piangere. Insomma, sei totalmente dipendente da noi genitori. Anche noi siamo esseri umani, sai? Lo avevi capito? No, evidentemente no. Anche noi dobbiamo avere i nostri spazi, i nostri momenti d’intimità, la nostra vita.
Vorrei poter dire che sei in parte responsabile dello sgretolarsi di questo matrimonio, ma mentirei, insultando così la tua e la nostra intelligenza. No, Giacomino, la verità è che sei l’unico responsabile. L’unico. E adesso scendi dal tavolo che sporchi tutta la tovaglia con le scarpe.–

A questo punto, lasciando vostro figlio a casa perché abbia il tempo di meditare sull’accaduto, potete concedervi una serata romantica con il vostro compagno, magari in un ristorante di lusso che sta per essere chiuso dall’ASL. Dopo quel giorno l’intesa tra di voi, avendo un nemico in comune, sarà ristabilita, e riscoprirete l’antica fiamma dei primi tempi. La passione non dura in eterno ovviamente, ma quando ne avvertirete l’indebolirsi, vi basterà fare un altro bambino.

Qualcuno potrebbe obiettare che Giacomo rifarà esattamente le stesse cose con i suoi figli. Niente di più sbagliato. Giacomo non avrà mai dei figli.

CAPITOLO 7

Una notte mi chiama una mamma da Torino e mi dice: –Sono disperata, non so più cosa fare! Mio figlio è diventato luterano.–
Io: –Mi scusi signora, ma non poteva chiamarmi domani? Sono le tre e mezza di mattina!
–Lo so, ma è l’unico momento in cui posso usare il telefono. Mio marito di notte fa il turno in un rettilario e poi dorme di giorno. Ha il sonno leggerissimo e se lo svegliamo s’imbestialisce e ci chiude sulla terrazza. È già successo tante volte.
–Capisco. Comunque, per la questione del figlio luterano, cosa intende precisamente?
–Guardi, me ne sono accorta solo qualche giorno fa. Sono entrata nella sua stanza e ho visto che dal muro erano sparite tutte le foto delle donnine; al loro posto aveva attaccato un grosso poster con scritto sola fide, sola scriptura. Mi dica lei una povera mamma cosa è costretta a vedere! E non è tutto: in salotto è comparso un enorme cartonato fotorealistico di Lutero, in scala 3:1. Per farcelo stare ha dovuto fare un buco nel soffitto.
–Mi faccia capire bene. Il vostro problema è che siete ferventi cattolici e considerate la dottrina luterana come un’eresia?
–No, guardi, io e mio marito siamo aborigeni. Qualche volta veneriamo le lucertole, ma non siamo granché praticanti. Il fatto è che nostro figlio si chiude in camera per ore e non c’è modo di farlo uscire. E poi lavora di notte al lume di candela e legge, traduce, studia… Mi sta diventando cieco!
–Signora, non so come dirglielo, ma questa storia l’ho già sentita tante altre volte. È sicura che non si tratti di una scusa, e che magari in questo periodo il ragazzo sta scoprendo il suo corpo?
–Eh, lo pensavo anche io all’inizio, ma invece no, purtroppo. Un giorno che era fuori sono entrata nella sua camera per controllare sotto il letto. Indovini un po’, ho trovato solo seicento numeri del settimanale “Lutero 2000”. Quante lacrime, figlio mio, quante lacrime…
–Signora, la prego non pianga. Confesso di non riuscire ancora ad afferrare il problema. A lei cosa importa se suo figlio fa quello che fa?
–È proprio questo il punto: in casa non fa più nulla! Prima almeno dava una mano a preparare il tavolo e a volte stendeva. Non che fosse di grande aiuto, però almeno il pensiero… Ora appena si alza da tavola fa una preghierina in un angolo e va a dormire; poi mi sta sveglio tutta la notte. Io gli dico che non vive in un motel e che deve contribuire alla vita domestica, ma non c’è niente da fare; non fa che ripetermi che le opere non servono a nulla e che devo soltanto avere fede. Io la fede ce l’ho anche, ma quando vedo che la sera mi ha lasciato tutti i piatti nel lavandino, quattro schiaffoni in faccia glieli tiro. Un giorno allora l’ho preso da parte e ho provato a farlo ragionare: –Figlio mio, visto il tuo comportamento, come pretendi che io e tuo padre possiamo dimostrare indulgenza?–
Ma lui si è messo subito ad urlare come un disgraziato: –Satanasso di una madre, non osare mai più dire quella parola in mia presenza!
–E suo marito come si comporta?
–Ma, ogni tanto lo randella con il suo didgeridoo di due metri, ma non serve a nulla…
–Mi scusi, ma il ragazzo quanti anni ha?
–38.

Un po’ perché non sapevo cosa dire e mi ero stancato di stare al telefono, un po’ per coerenza storica, le ho spiegato il principio del cuius regio, eius religio. La mamma aborigena sembrava molto soddisfatta e mi ha ringraziato. Continuava a ripetersi: –Eh sì, perché non ci ho pensato io: fin che sei in casa mia, fai come dico io!–

Ora quel tizio ha 62 anni, vive ancora con i genitori e lavora in un negozio di mongolfiere per cani. Come hobby costruisce maracas con le lattine di chinotto, e Lutero, diciamocelo, se l’è un po’ dimenticato. Qualche volta venera le lucertole, ma più che altro per passare il tempo.

CAPITOLO 8

In fatto di punizioni lignee la Svezia è lo stato più all’avanguardia del mondo. Molti negozi offrono soluzioni all-inclusive per la punizione creativa del proprio bambino. Solitamente si tratta di grosse strutture in abete e giunti in titanio che si montano in pochi semplici passaggi, con l’ausilio di una brugola del sei e un cannello della fiamma ossidrica. In caso doveste incontrare difficoltà durante il montaggio, un tecnico specializzato sarà felice di aiutarvi a domicilio, mettendo a disposizione la sua trentennale esperienza nel settore.

Ecco un esempio. Avete passato l’intero pomeriggio a gridare a vostro figlio di non correre per casa, che poi suda. Il fanciullo fa orecchie da mercante? Niente di meglio per una dimostrazione dell’ultimo ritrovato in fatto di castighi rotanti: il drunknå. (affogatoio, ndr.).

Aperta la scatola, si procede al facile montaggio: unire il pezzo A con il pezzo B mediante brugola C. Ecco che ci avviamo già al termine, rimangono soltanto gli ultimi ritocchi. Con l’ausilio del cannello dovrete fondere le estremità dei pannelli di amianto catramato (acquistati a parte) al fine di impermeabilizzare una stanza a scelta della casa. Si raccomanda di proteggere l’apparato respiratorio mediante una maschera con filtri doppi del tipo E59c; in caso non ne siate in possesso, anche uno strappo di Scottex va bene.
Passaggio facoltativo: si consiglia di lasciare areare il locale dove sono stati fusi i pannelli di amianto catramato per circa tre mesi.
A questo punto dovrete unire il pezzo AB con il pezzo D, mediante brugola C. Se avrete seguito le istruzioni attentamente, il risultato dovrebbe presentarsi così: un’imponente ruota da criceto di 8 metri, libera di ruotare intorno al perno centrale.
Nel caso in cui la vostra creazione non assomigli nemmeno vagamente a quanto descritto, si consiglia di contattare il tecnico (il numero verde si trova all’ultima pagina del manuale). Se inavvertitamente avete costruito una vergine di Norimberga a forma di piccolo Budda, se ne sconsiglia l’utilizzo senza la supervisione di un adulto, e si declina comunque ogni responsabilità.

Ipotizziamo dunque che il tecnico sia venuto a casa vostra, abbia montato l’intera struttura e, rivelatosi particolarmente loquace, vi abbia raccontato la storia della sua vita. Da quando fa quel lavoro è diventato sterile, vi dice pensieroso, e non può più avere figli. Eppure ha quasi sempre utilizzato uno strappo di Scottex piegato doppio quando bruciava l’amianto! Insomma, la moglie l’ha lasciato per un domatore di cammelli ed ora vive felice con tre figli, mentre lui è solo e triste.
Già che è lì, vi aiuta ad ultimare il drunknå.

La ruota va spostata nella stanza impermeabilizzata, la quale viene riempita d’acqua per circa un metro e mezzo, così che la parte bassa del drunknå sia interamente sommersa. Ora chiamate vostro figlio. Egli ovviamente arriverà di corsa, nonostante i vostri mille rimproveri, e anche perché ancora non sa cosa lo aspetta. Afferratelo saldamente e deponetelo nella ruota. Il fanciullo, per restare a galla e non affogare, sarà costretto a correre più velocemente possibile senza potersi fermare un attimo. Ecco che il contrappasso per analogia rivela un’eleganza tipicamente svedese.
–Volevi correre? E adesso corri, corri quanto ti pare piccolo mio!–

Potrebbe accadere che i bambini più svegli, esausti per tutto quel moto, si lascino galleggiare per riprendere le forze. In questo caso dovete usare nuovamente il cannello della fiamma ossidrica e portare l’acqua a temperatura di ebollizione. Problema risolto.
A questo punto potete ringraziare il tecnico, salutare il vostro piccolo maratoneta e finalmente regalarvi quella vacanza da sogno che da così tanto tempo desideravate.

Passato un mese, decidete di tornare. Salutate le spiagge del porto industriale di Livorno e prendete il treno. Ma arrivati a casa, è un orrore quello che vi accoglie. I pannelli catramati all’amianto (comprati in un emporio cinese) non hanno tenuto e si sono disciolti nell’acqua, che si è sparsa ovunque, fin fuori in giardino. Tutte le piante sono morte avvelenate.
E vostro figlio? Eccolo che corre per i corridoi, sulle scale e nell’androne, sudatissimo.

Al che montate veramente su tutte le furie, anche ripensando agli 80.000 euro che avete speso per comprare il drunknå.
Cercate il manuale e chiamate il tecnico, sempre felice di aiutarvi con la sua trentennale esperienza nel settore delle punizioni semoventi.  Dopo una breve discussione, accetta di adottare il bambino.


Manuale di pedagogia ornamentale vol. 1

INTRODUZIONE

La pedagogia tradizionale è fallace fin nelle premesse. Il suo precettismo ha saputo rovinare generazioni intere di figli e di genitori, limitandosi a fornire assiomi per ogni fase della crescita. Fino ad oggi ci siamo illusi di poter allevare i nostri figli seguendo con attenzione dei dogmi e imponendo loro dei limiti. Niente di più sbagliato. Lo sviluppo del bambino non deve essere quello della pianta che cresce costretta in un vaso, ma quello della pianta che cresce libera in mezzo al cielo.

Noi siamo dunque per una pedagogia che parta dall’istinto e, un po’ approssimativamente, arrivi dove deve arrivare. Una pedagogia olistica che sappia dare risposte concrete alle necessità del bambino, lasciando che questo sia libero di muoversi nel mondo con le sue gambe fin da subito, quando non sa ancora gattonare. Una pedagogia innovativa, moderna, liberata finalmente da ogni schema. L’efficacia si misurerà con il tempo, ma la comodità si può sperimentare fin da subito. Assistiamo al nascere di una nuova scienza dell’educazione: la pedagogia ornamentale.

PREFAZIONE

Nello scrivere questo manuale si è voluto evitare di riproporre il classico prontuario per genitori, con gli argomenti ordinati in capitoli e una trattazione esaustiva. Si è preferito invece lasciare che una certa confusione permeasse ogni cosa, per evitare che chi legge s’illuda di poter affrontare la questione con lucidità. Crescere un bambino non è facile, fatevene una ragione.

Per sfuggire, come si è detto, ad ogni possibile preconcetto legato alla pedagogia tradizionale, si è deciso di affidare la redazione di questo manuale ad un adolescente di Brescia. Egli, essendo figlio unico e avendo un pessimo rapporto con i genitori, può donare alle scienze educative uno sguardo veramente nuovo e innovativo. Il suo nome, già entrato nel novero dei grandi pedagoghi, è Jason Martazzoli (che poi sarei io stesso. Mi sto scrivendo la prefazione da solo).

CAPITOLO  1

Molto spesso durante gli incontri con i genitori che tengo in giro per il mondo, mi sento fare la stessa domanda: – Cosa devo fare se mio figlio si mangia una felce? – Rispondere non è sempre facile, anche per rispetto dei genitori. Solitamente cerco di prendere tempo e chiedo i dettagli:

– Il bambino era stato abituato a mangiare felci già da piccolo? Se sì, quante porzioni al giorno?
– La felce in questione era stata lavata con il Solvay, oppure l’ha brucata direttamente nel bosco?
– La pianta è stata mangiata fin nella parte lignea o solo parzialmente?

 Se è stata mangiata solo parzialmente, provate con un po’ di concime che magari si riprende. Non assicuro niente però, non sono un giardiniere, e poi le felci son piante particolari.
Se invece aveva un forte valore affettivo e dopo il morso si secca tutta, allora è il caso di pensare ad una punizione. Il tema è molto delicato e lo tratto più approfonditamente in altre sedi. La chiave comunque, come dico sempre, è saper nascondere la ferocia nella spensieratezza. Non tutti capiscono, soprattutto i nonni. Se i nonni vi crescono male i figli è un peccato. Un domani però potrete scaricare tutte le colpe su di loro, il che vi deresponsabilizza e contribuisce ad un clima familiare più disteso. Come punizione per aver mangiato una felce di solito si consigliava il classico “a letto senza cena”. Qui e altrove emerge l’assurdità di certi metodi beceri della pedagogia tradizionale. Se uno si è già mangiato la sua felce, cosa gli importa di saltare la cena? Poi magari si alza di nascosto verso le quattro, apre il frigo, e si scola un cartone intero di caglio.

Una punizione più adatta potrebbe essere questa: lasciate passare qualche tempo e fingete di aver dimenticato l’accaduto. Poi un giorno, appena prima di andare a prendere vostro figlio a scuola, date fuoco alla casa. Ecco che quando vedrà quella che noi chiamiamo zona sicura del bambino completamente carbonizzata, gli verrà facilmente una crisi. A quel punto voi, con voce tranquilla, potete spiegargli: – Ti ricordi di quando, alcuni mesi fa, ti sei mangiato una felce? Ecco il risultato. Ora grazie a te non abbiamo più una casa e siamo costretti a vivere nei bagni della stazione. Dovrai vendere fazzoletti di carta al semaforo per 18 ore al giorno, e dormirai in una scatola da scarpe. Bravo Filippo, bravo davvero.

Il bambino probabilmente non mangerà più felci.

CAPITOLO 2

Qualche notte fa mi chiama una mamma in lacrime e mi dice: – A mio figlio non piace Lucio Dalla. Non so più cosa fare…  Io: – Mi scusi signora, con tutto il rispetto, ma sono le tre della mattina. Non poteva chiamarmi domani?
– Ho la bolletta a fasce orarie, di notte spendo meno in corrente. Le lavatrici però le faccio la mattina, che se la roba rimane dentro poi puzza e i colleghi di mio marito si lamentano.
– D’accordo. Per quanto riguarda Dalla non saprei cosa dirle. Suo figlio quanti anni ha?
– Ne compie due oggi; infatti mi scusi ma ora devo lasciarla. Voglio preparare la torta di compleanno prima che si svegli e ho ancora tutti i festoni da appendere. Buone cose.

Di bambini piccoli a cui non piace Lucio Dalla non ce ne sono molti. Tuttalpiù rimangono indifferenti. Solo una volta mi è capitato un caso simile. Mi telefona (sempre di notte) una mamma boscimane che vive a Lambrate, e si lamenta che il figlio non apprezza il cantautore. Io cerco di farla ragionare: forse non capisce bene i testi, o magari preferisce la musica classica. Molti anni dopo si è scoperto che il bambino era completamente sordo.
Questo per dire che non si devono obbligare i propri figli ad ascoltare un certo stile musicale o un certo cantante. I bambini devono crescere liberi di scegliere e sperimentare quello che vogliono. Se invece è il vostro cantante preferito, e ci tenete parecchio, allora dovete imporvi con la forza.

Ecco una storia esemplare: molti anni fa, in Umbria, c’era un progettista di betoniere che, da quando la moglie lo aveva lasciato, viveva da solo col figlio. Il bambino fin dalla materna non voleva saperne di ascoltare Steve Reich. Il padre aveva provato ogni strada possibile per fargli piacere la sua musica; una volta aveva anche inscenato un sequestro, ma poi gli era dispiaciuto e aveva lasciato perdere. Comunque non c’era mai stato niente da fare. Così un giorno si licenzia dal suo lavoro, vende casa e automobile e con i pochi risparmi compra un camper usato. Ci carica il figlio e parte per un lungo viaggio attraverso la Russia sovietica. Con loro non hanno che poche provviste e delle vecchie riviste di equitazione, ma il padre ha sapientemente nascosto nel cassetto del cruscotto l’opera omnia di Steve Reich. E così, fin dalla mattina, dal mangiacassette del camper rimbombano a volume altissimo Sextet o Music for 18 musicians. Senza pause, fino a sera. I due viaggiano per anni attraverso la Siberia e anche in altri posti del mondo. Un giorno il figlio si scoccia e scende al casello di Verona nord. Oggi lavora in banca, reparto finanziamenti e microcredito; vive da solo e non ha ancora finito di pagare il mutuo della macchina. La sera torna casa e, sdraiato al buio, ascolta Lucio Dalla.

CAPITOLO 3

Se vostro figlio non ha voglia di fare i compiti non spaventatevi, è del tutto normale. Se invece vostro figlio non ha mai voglia di fare i compiti, allora probabilmente c’è un problema. Le statistiche più aggiornate mostrano che l’82% dei bambini soffre di floscezza intellettiva. Lo stesso vale per la maggior parte degli animali di piccola taglia. Se in casa sentite spesso frasi come:

– Non ho voglia, lo faccio dopo. Promesso
– Ancora qualche minuto, poi mi alzo
– Adesso che ho fatto quasi tutti i compiti di storia vado a giocare con i sacchetti di plastica
– Non ho più fame mamma. Voglio diventare buddista
– Mi sento addosso uno strano senso di letargia. Mi stanco molto più in fretta dei miei coetanei e spesso mi scopro spossato dopo aver fatto le scale. Temo di soffrire di floscezza intellettiva.

Se sentite spesso queste frasi, probabilmente vostro figlio soffre di floscezza intellettiva. Una volta accertata la diagnosi (si fa tutto in casa, con un kit che regalano in farmacia) si può procedere con la somministrazione degli psicofarmaci. L’industria offre una vasta gamma di soluzioni personalizzate che sanno rendere l’assunzione un momento anche giocoso. Le pastiglie hanno forme divertenti; ad esempio alcune sono a forma di giraffa, altre di palombaro, su altre ancora è possibile far stampare la faccia della nonna. I coloranti sono al 100% di derivazione naturale, a parte il rosso borgogna che è di sintesi.

La posologia è molto flessibile: di solito si consiglia l’assunzione di 700, 800 quintali di farmaco nell’arco di un’intera vita. Tutto dipende da quanto se ne riesce a prendere ogni giorno. Mettiamo che convinciate vostro figlio a mandar giù 50 giraffette al giorno (1 giraffetta = ca. 200 g). Così facendo, dopo ventidue anni si può sospendere la cura. Bisogna però stare attenti a non sospenderla prima, per nessun motivo.

Molti di voi genitori sono diffidenti circa l’utilizzo di psicofarmaci sui loro figli. Va bene, posso anche capirvi. Ecco l’alternativa: dal momento che il vostro bambino soffre di floscezza intellettiva, bisogna sottoporlo a stimolazione continua. Fate sì che sia sempre impegnato a fare qualcosa. La mattina, ad esempio, organizzate una passeggiata di circa 65 Km lungo il cammino di Santiago; fategli conoscere gente, vedere posti nuovi. I musei sono la soluzione più efficace. Ogni pomeriggio una mostra diversa: lunedì una personale di Pollock a Palazzo Reale a Milano, martedì una mostra-mercato sui canti delle mondine pavesi al MoMA. Se non potete permettervi i musei, anche il circo con gli animali va benissimo. Insomma, non concedetegli mai un attimo per riposarsi, anche se vi supplica in ginocchio. La sua mente non deve avere il tempo d’essere debole.

Ma ecco che la sera, dopo Santiago, le mondine, i leoni di Moira Orfei e tutto quanto vi dice: – Mamma, sono stanchissimo, non mi reggo più in piedi. I compiti li faccio domani, giuro.
Al che andate in farmacia e ordinate 800 quintali di psicofarmaci a forma di palombaro.

CAPITOLO 4

Un bel progetto del Comune di Milano è stato quello di trasferire i centralini del telefono azzurro direttamente dentro il carcere di San Vittore. I detenuti così hanno l’occasione di sentirsi utili e non perdono il contatto con la realtà. Di solito il bambino medio chiama il centralino intorno alle 20:30. I problemi sono sempre gli stessi:

– I miei genitori litigano spesso, anche se mi ripetono che io non c’entro
– A volte, dopo aver litigato, mi chiudono per ore nel mobiletto del bagno insieme agli spazzolini
– Credo che mia nonna non si lavi abbastanza
– Mi sono innamorato della mia vicina di casa polacca, ma non capisco se è vero amore

Il detenuto cerca di dare delle risposte basandosi anche sulla sua esperienza dietro le sbarre, il che poi è un pretesto per raccontare al bambino tutta la sua vita. Se l’assistente sociale (che ascolta tutte le conversazioni) ritiene che tra i due si sia instaurato un rapporto di fiducia reciproca, fissa un appuntamento. Il malvivente e il bambino allora si incontrano in un bar vicino a Vercelli e hanno un po’ di tempo per parlare di persona. La maggior parte delle volte il detenuto coglie l’occasione e rapisce il bambino. Chiede un riscatto di 100.000 fiorini ungheresi (circa 300 euro) e di essere tradotto nel carcere di massima sicurezza di Cracovia. Per il bimbo è anche una bell’esperienza, e per un po’ si dimentica dei problemi domestici. Poi interviene l’assistente sociale e rovina tutto.

Il Comune allora ha deciso di spostare i centralini nella bocciofila di Novate Milanese. I vecchietti di solito fanno squillare il telefono e non rispondono. Un po’ sono sordi, un po’, diciamocelo, se ne approfittano.

CAPITOLO 5

Al genitore italiano capita spesso di dover affrontare il problema dell’innamoramento del figlio piccolo. Come consiglio generale direi che bisognerebbe sgridarlo e fargli passare la voglia subito. Anche perché la maggior parte delle volte lo fa apposta per saltare le verifiche. Può anche succedere però che un bambino tra i 3 e i 5 anni di vita si innamori veramente. In tal caso bisogna ritirarlo immediatamente da scuola e iscriverlo in un istituto privato gestito dalle suore Orsoline. Un segnale d’allarme per capire che è il momento di agire, è quando vostro figlio vi chiede come vi siete conosciuti. Ecco come rispondere: – Caro Albertino, mi ricordo ancora la prima volta che vidi tua madre. Eravamo tutti e due in vacanza a Pesce Luna di Fiumicino. Legambiente la considera la spiaggia più inquinata e piena di rifiuti di tutta l’Italia. Infatti i nostri genitori ci obbligavano a stare tutto il giorno in albergo. Anche la piscina dell’albergo però era piena di rifiuti; una notte, ad esempio, qualcuno ci aveva scaricato dentro un tram. Dallo stanzino delle scope dove mi avevano rinchiuso, vedevo la finestra della camera di tua mamma. Un giorno ho trovato una roccia basaltica in un angolo e l’ho tirata contro il suo vetro. S’è sfondato tutto. Ho subito comprato dei fiori e sono andato a trovarla in ospedale, dal momento che era stata colpita alla testa da un meteorite. Così ci siamo innamorati. E adesso vai a dormire; bada bene che non voglio mai più sentire tutte le bestialità sull’amore che hai detto ultimamente. Se scrivi un’altra poesia mi arrabbio. Sei piccolo e non capisci niente.

La disapprovazione dei genitori dovrebbe essere un deterrente sufficiente a farlo smettere. In caso contrario potete provare a comprargli un cane e poi, appena si affeziona, seppellitelo in giardino. Anche una vacanza-lavoro in una colonia penale di Mestre potrebbe funzionare. Se il bambino insiste, lasciate fare.