AVVISO AI LETTORI
A seguito dell’uscita del primo volume di Pedagogia Ornamentale, l’editore si è detto assolutamente contrario alla pubblicazione di qualsiasi opera passata o futura scritta dall’autore. Ha poi fatto di tutto perché le 500.000 copie stampate fossero ritirate dal mercato, e perché fossero bloccate tutte le traduzioni estere. La maggior parte delle copie però era già stata smerciata, sia in Italia che in molti altri stati della CECA, rendendo vano ogni sforzo.
Visto il successo dell’opera, per assicurare ugualmente ai lettori la possibilità di completare la collana, tutti i futuri volumi verranno venduti in edicola. La prima uscita conterrà, a scopo promozionale, un set di pratici pannolini double-face per il vostro fanciullo.
Per ulteriori informazioni, rivolgetevi al vostro edicolante di fiducia.
CAPITOLO 6
Alcuni mesi fa, dopo il mio intervento ad un convegno di pedagogia a Rio de Janeiro, si alza in piedi un padre e mi pone una domanda che ora riporto, dal momento che può essere di qualche interesse per molti di voi genitori. Mi dice: –In questo periodo, purtroppo, io e mia moglie litighiamo parecchio. Probabilmente ci stiamo avviando lungo la strada per il divorzio. Solitamente cerchiamo di discutere soltanto quando nostro figlio non è in casa, però temo abbia intuito che qualcosa sta succedendo. Come possiamo far sì che affronti la situazione il meno traumaticamente possibile?–
Ecco la mia risposta, si prenda eventualmente nota: –Mi consenta di dirle che l’approccio suo e della sua futura ex-moglie è totalmente sbagliato. In molti cercano di proteggere il bambino da eventuali tensioni domestiche, spinti da quanto ha insegnato la pedagogia tradizionale. In tante altre occasioni l’ho detto, e qui lo ripeto: smettetela, una volta per tutte, di rinchiudere vostro figlio in una bolla dorata. Continuando con questo atteggiamento iperprotettivo, dimostrate al bambino che non vi importa nulla della sua esistenza all’interno del nucleo familiare. Egli finirà per sentirsi escluso, ignorato, accessorio. Bisogna coinvolgerlo nella discussione invece, spiegargli quali sono i problemi e come lui ne faccia parte, ed infine occorre responsabilizzarlo. All’occorrenza anche iper-responsabilizzarlo, affinché si senta partecipe, e finalmente considerato come un’entità capace di intendere e di volere.–
Permettetemi ora di spiegare come iper-responsabilizzare vostro figlio.
Un pomeriggio in cui sta giocando nella sua cameretta, e vi pare particolarmente sereno, inscenate una violenta lite con il vostro compagno. Dopo circa una mezzora passata ad urlare parole taglienti e a frantumare vasellame contro le pareti, controllate di nascosto come si comporta il bambino. Se ha smesso di giocare con le palline di mercurio del termometro e si preme un cuscino contro le orecchie, abbracciato al suo peluche preferito, è il momento di agire. Prendetelo di peso e mettetelo in piedi sul tavolo della cucina, perché veda i cocci per terra e comprenda l’effettiva serietà della situazione. A quel punto dovrete dirgli, con voce ferma: –Caro Giacomino, io e tuo padre dobbiamo dirti una cosa molto importante. Dal momento che sospetto ti piaccia pensare di non essere la causa dei nostri attriti di coppia, è giusto che tu sappia che ti sbagli di grosso. Prima che nascessi tu, ad esempio, non litigavamo quasi mai. Sarà un caso? Non credo proprio. Le cose stanno andando sempre peggio, e tu cosa fai? Ti nascondi sotto un cuscino e ti alieni dal mondo. Ti sembra il modo giusto di affrontare la realtà? Forse credi che, semplicemente perché vai ancora all’asilo, non hai anche tu i tuoi doveri e le tue responsabilità? Lasci sempre camera tua in disordine, non negarlo, non giochi quasi mai da solo e, come se non bastasse, di notte spesso e volentieri ti sentiamo piangere. Insomma, sei totalmente dipendente da noi genitori. Anche noi siamo esseri umani, sai? Lo avevi capito? No, evidentemente no. Anche noi dobbiamo avere i nostri spazi, i nostri momenti d’intimità, la nostra vita.
Vorrei poter dire che sei in parte responsabile dello sgretolarsi di questo matrimonio, ma mentirei, insultando così la tua e la nostra intelligenza. No, Giacomino, la verità è che sei l’unico responsabile. L’unico. E adesso scendi dal tavolo che sporchi tutta la tovaglia con le scarpe.–
A questo punto, lasciando vostro figlio a casa perché abbia il tempo di meditare sull’accaduto, potete concedervi una serata romantica con il vostro compagno, magari in un ristorante di lusso che sta per essere chiuso dall’ASL. Dopo quel giorno l’intesa tra di voi, avendo un nemico in comune, sarà ristabilita, e riscoprirete l’antica fiamma dei primi tempi. La passione non dura in eterno ovviamente, ma quando ne avvertirete l’indebolirsi, vi basterà fare un altro bambino.
Qualcuno potrebbe obiettare che Giacomo rifarà esattamente le stesse cose con i suoi figli. Niente di più sbagliato. Giacomo non avrà mai dei figli.
CAPITOLO 7
Una notte mi chiama una mamma da Torino e mi dice: –Sono disperata, non so più cosa fare! Mio figlio è diventato luterano.–
Io: –Mi scusi signora, ma non poteva chiamarmi domani? Sono le tre e mezza di mattina!
–Lo so, ma è l’unico momento in cui posso usare il telefono. Mio marito di notte fa il turno in un rettilario e poi dorme di giorno. Ha il sonno leggerissimo e se lo svegliamo s’imbestialisce e ci chiude sulla terrazza. È già successo tante volte.
–Capisco. Comunque, per la questione del figlio luterano, cosa intende precisamente?
–Guardi, me ne sono accorta solo qualche giorno fa. Sono entrata nella sua stanza e ho visto che dal muro erano sparite tutte le foto delle donnine; al loro posto aveva attaccato un grosso poster con scritto sola fide, sola scriptura. Mi dica lei una povera mamma cosa è costretta a vedere! E non è tutto: in salotto è comparso un enorme cartonato fotorealistico di Lutero, in scala 3:1. Per farcelo stare ha dovuto fare un buco nel soffitto.
–Mi faccia capire bene. Il vostro problema è che siete ferventi cattolici e considerate la dottrina luterana come un’eresia?
–No, guardi, io e mio marito siamo aborigeni. Qualche volta veneriamo le lucertole, ma non siamo granché praticanti. Il fatto è che nostro figlio si chiude in camera per ore e non c’è modo di farlo uscire. E poi lavora di notte al lume di candela e legge, traduce, studia… Mi sta diventando cieco!
–Signora, non so come dirglielo, ma questa storia l’ho già sentita tante altre volte. È sicura che non si tratti di una scusa, e che magari in questo periodo il ragazzo sta scoprendo il suo corpo?
–Eh, lo pensavo anche io all’inizio, ma invece no, purtroppo. Un giorno che era fuori sono entrata nella sua camera per controllare sotto il letto. Indovini un po’, ho trovato solo seicento numeri del settimanale “Lutero 2000”. Quante lacrime, figlio mio, quante lacrime…
–Signora, la prego non pianga. Confesso di non riuscire ancora ad afferrare il problema. A lei cosa importa se suo figlio fa quello che fa?
–È proprio questo il punto: in casa non fa più nulla! Prima almeno dava una mano a preparare il tavolo e a volte stendeva. Non che fosse di grande aiuto, però almeno il pensiero… Ora appena si alza da tavola fa una preghierina in un angolo e va a dormire; poi mi sta sveglio tutta la notte. Io gli dico che non vive in un motel e che deve contribuire alla vita domestica, ma non c’è niente da fare; non fa che ripetermi che le opere non servono a nulla e che devo soltanto avere fede. Io la fede ce l’ho anche, ma quando vedo che la sera mi ha lasciato tutti i piatti nel lavandino, quattro schiaffoni in faccia glieli tiro. Un giorno allora l’ho preso da parte e ho provato a farlo ragionare: –Figlio mio, visto il tuo comportamento, come pretendi che io e tuo padre possiamo dimostrare indulgenza?–
Ma lui si è messo subito ad urlare come un disgraziato: –Satanasso di una madre, non osare mai più dire quella parola in mia presenza!
–E suo marito come si comporta?
–Ma, ogni tanto lo randella con il suo didgeridoo di due metri, ma non serve a nulla…
–Mi scusi, ma il ragazzo quanti anni ha?
–38.
Un po’ perché non sapevo cosa dire e mi ero stancato di stare al telefono, un po’ per coerenza storica, le ho spiegato il principio del cuius regio, eius religio. La mamma aborigena sembrava molto soddisfatta e mi ha ringraziato. Continuava a ripetersi: –Eh sì, perché non ci ho pensato io: fin che sei in casa mia, fai come dico io!–
Ora quel tizio ha 62 anni, vive ancora con i genitori e lavora in un negozio di mongolfiere per cani. Come hobby costruisce maracas con le lattine di chinotto, e Lutero, diciamocelo, se l’è un po’ dimenticato. Qualche volta venera le lucertole, ma più che altro per passare il tempo.
CAPITOLO 8
In fatto di punizioni lignee la Svezia è lo stato più all’avanguardia del mondo. Molti negozi offrono soluzioni all-inclusive per la punizione creativa del proprio bambino. Solitamente si tratta di grosse strutture in abete e giunti in titanio che si montano in pochi semplici passaggi, con l’ausilio di una brugola del sei e un cannello della fiamma ossidrica. In caso doveste incontrare difficoltà durante il montaggio, un tecnico specializzato sarà felice di aiutarvi a domicilio, mettendo a disposizione la sua trentennale esperienza nel settore.
Ecco un esempio. Avete passato l’intero pomeriggio a gridare a vostro figlio di non correre per casa, che poi suda. Il fanciullo fa orecchie da mercante? Niente di meglio per una dimostrazione dell’ultimo ritrovato in fatto di castighi rotanti: il drunknå. (affogatoio, ndr.).
Aperta la scatola, si procede al facile montaggio: unire il pezzo A con il pezzo B mediante brugola C. Ecco che ci avviamo già al termine, rimangono soltanto gli ultimi ritocchi. Con l’ausilio del cannello dovrete fondere le estremità dei pannelli di amianto catramato (acquistati a parte) al fine di impermeabilizzare una stanza a scelta della casa. Si raccomanda di proteggere l’apparato respiratorio mediante una maschera con filtri doppi del tipo E59c; in caso non ne siate in possesso, anche uno strappo di Scottex va bene.
Passaggio facoltativo: si consiglia di lasciare areare il locale dove sono stati fusi i pannelli di amianto catramato per circa tre mesi.
A questo punto dovrete unire il pezzo AB con il pezzo D, mediante brugola C. Se avrete seguito le istruzioni attentamente, il risultato dovrebbe presentarsi così: un’imponente ruota da criceto di 8 metri, libera di ruotare intorno al perno centrale.
Nel caso in cui la vostra creazione non assomigli nemmeno vagamente a quanto descritto, si consiglia di contattare il tecnico (il numero verde si trova all’ultima pagina del manuale). Se inavvertitamente avete costruito una vergine di Norimberga a forma di piccolo Budda, se ne sconsiglia l’utilizzo senza la supervisione di un adulto, e si declina comunque ogni responsabilità.
Ipotizziamo dunque che il tecnico sia venuto a casa vostra, abbia montato l’intera struttura e, rivelatosi particolarmente loquace, vi abbia raccontato la storia della sua vita. Da quando fa quel lavoro è diventato sterile, vi dice pensieroso, e non può più avere figli. Eppure ha quasi sempre utilizzato uno strappo di Scottex piegato doppio quando bruciava l’amianto! Insomma, la moglie l’ha lasciato per un domatore di cammelli ed ora vive felice con tre figli, mentre lui è solo e triste.
Già che è lì, vi aiuta ad ultimare il drunknå.
La ruota va spostata nella stanza impermeabilizzata, la quale viene riempita d’acqua per circa un metro e mezzo, così che la parte bassa del drunknå sia interamente sommersa. Ora chiamate vostro figlio. Egli ovviamente arriverà di corsa, nonostante i vostri mille rimproveri, e anche perché ancora non sa cosa lo aspetta. Afferratelo saldamente e deponetelo nella ruota. Il fanciullo, per restare a galla e non affogare, sarà costretto a correre più velocemente possibile senza potersi fermare un attimo. Ecco che il contrappasso per analogia rivela un’eleganza tipicamente svedese.
–Volevi correre? E adesso corri, corri quanto ti pare piccolo mio!–
Potrebbe accadere che i bambini più svegli, esausti per tutto quel moto, si lascino galleggiare per riprendere le forze. In questo caso dovete usare nuovamente il cannello della fiamma ossidrica e portare l’acqua a temperatura di ebollizione. Problema risolto.
A questo punto potete ringraziare il tecnico, salutare il vostro piccolo maratoneta e finalmente regalarvi quella vacanza da sogno che da così tanto tempo desideravate.
Passato un mese, decidete di tornare. Salutate le spiagge del porto industriale di Livorno e prendete il treno. Ma arrivati a casa, è un orrore quello che vi accoglie. I pannelli catramati all’amianto (comprati in un emporio cinese) non hanno tenuto e si sono disciolti nell’acqua, che si è sparsa ovunque, fin fuori in giardino. Tutte le piante sono morte avvelenate.
E vostro figlio? Eccolo che corre per i corridoi, sulle scale e nell’androne, sudatissimo.
Al che montate veramente su tutte le furie, anche ripensando agli 80.000 euro che avete speso per comprare il drunknå.
Cercate il manuale e chiamate il tecnico, sempre felice di aiutarvi con la sua trentennale esperienza nel settore delle punizioni semoventi. Dopo una breve discussione, accetta di adottare il bambino.